Ognuno di noi ha, per così dire, un "motto" che - consapevolmente oppure no - ritma la propria vita.
Che si tratti dell'attitudine nell'affrontare una nuova sfida, un'opportunità od un ostacolo c'è un "modus operandi" che accomuna tutti i momenti. Certo, come nel mio caso, non sempre è qualcosa di cui si è consci... ma può essere il risultato di un'analisi.
Ecco allora che per "coronare" i 10 anni dall'avvio della mia attività come libera professionista (15.09.2010-15.09.2020) ho cercato di auto-psicanalizzarmi.
Cosa ne è uscito? Beh, un motto coniato su misura per la sottoscritta: "Fai ciò che credi. Credi in ciò che fai".
Perché? Perché da queste personalissime riflessioni è emerso un "fil rouge" che accomuna tutte le mie scelte: quando sento di poter dare il mio contributo ad un progetto o ad un'iniziativa, sia esso professionale o personale, semplicemente mi metto in gioco. Non ci sono SWOT o analisi di rischio che tengano. Anche quando le probabilità di riuscita sfiorano a malapena l'1%... ci provo!
Simpaticamente l'ho ribattezzata la "Sindrome del kamikaze" visto che di primo acchitto può sembrare un atteggiamento tendenzialmente suicida nato da un mix tra cultura popolare e insegnamenti famigliari. Per capirci... quando qualcuno iniziava una frase con un "se", mio nonno prontamente rispondeva "Sè pù sè fa dodàs" (sei più sei fa dodici - ammesso e non concesso che "foneticamente parlando" si scriva così ) ovvero la versione "dialettale-rendenera" della ben più nota "Con i se e con i ma non si fa la storia".
Un esempio? Beh, proprio l'apertura dello Studio giornalistico JP Communication...
Nonostante siano passati 10 anni mi sembra ancora di sentire i commenti tipo: «Cosa? Meglio lavorare come dipendente». Più o meno la stessa litania ripetuta qualche anno prima in merito alla scelta del corso di studi: "Scienze della Comunicazione? Ah, ok... praticamente studi per rimanere disoccupata".
A distanza di anni ancora sorrido, ma professionalmente parlando posso tirare un sospiro di sollievo: certo le difficoltà ci sono state, ma quella che era la mia passione oggi è la mia professione e, quotidianamente, mi regala grandi soddisfazioni.
Vero anche che non sempre le "cose" sono andate come avrebbero potuto o come avrei voluto, anzi, in alcuni casi - fortunatamente pochi - ho addirittura visto realizzarsi quello che i manager definiscono "worst case scenario", ovvero lo scenario peggiore possibile (talvolta intrinso di tiri mancini e/o manipolazioni mai visti nemmeno al cinema!).
Situazioni ed epiloghi diversi che hanno però un minimo comun denominatore: la consapevolezza che essere convinti di quel che si fa è il primo passo verso la soddisfazione personale.
Certo, c'è una giungla là fuori o come cantava Cat Stevens "It's a wild world".
Io ho scelto di raggiungere i miei obbiettivi senza scalfire la mia "integrità morale" e visto come stanno andando le cose, credo di aver fatto la scelta giusta, almeno per me...
Se sei curioso di saperne di più... dai un'occhiata a quelli che considero i 10 buoni motivi per continuare a mettersi in gioco!
#WannaBeSMARTnoSHARK even if #ItsaWildWorld
#JustBeware